“Sconosciuto in terra, notorio in cielo. Prezioso sgabello per un’anima nobile. Il maestro dei novizi di questo virtuosissimo trappista fu decisivo nella sua grande vocazione. In pochi anni di vita religiosa conquistò la gloria”
Quante vocazioni si sono salvate da un quasi sicuro naufragio grazie alla fede di uomini e donne di Dio che non videro ostacolo alcuno nelle difficoltà o carenze di coloro che ebbero davanti! Questo beato fu aiutato a sostenere il timone della sua barca. Senza questa dedicazione, forse sarebbe naufragato. Anche se non era il suo caso, c’è chi non è capace di rimontare le proprie deficienze personali. Affronta le giornate portando la frustrazione come unico bagaglio, e la tristezza con la quale va rivestita, senza aver gustato l’amore di Dio, ignorando come può dargli compiuta risposta. Chi sa se egli si sarebbe privato della gloria che raggiunse, se non avesse potuto contare sull’abile visione e l’impeto dell’apostolo che lo trattò vedendo in lui un santo. L’accompagnamento è cruciale. Per qualcosa Cristo lodò la via comunitaria per seguirlo.
Pietro Giuseppe nacque il 6 marzo 1878 a Casseneuil-sur-Lot, Francia. Era il secondo rampollo di una famiglia di agricoltori ben sistemati. La natura non fu prodiga con lui e forse per questo motivo passava inosservato in tutti i campi. Tanto nell’aspetto fisico come in quello intellettuale e sociale non si potevano osservare nella sua persona quei doni che risultano attraenti agli altri, e che possono trasformarsi anche in strumento apostolico: simpatia, dono delle genti, intelligenza, ecc. Ma quello che la vita gli rubò era compensato spiritualmente dalla sua grande sensibilità. E l’attrazione che sperimentava verso ogni elemento religioso fece di lui un eccelso modello nel suo modo di perseguire la perfezione. Aveva percorso molta strada per ottenerla: bonomia, umiltà, rinnegamento, gentilezza…
Una delle sue difficoltà era la mancanza di memoria. Inoltre, si notavano in lui insicurezze personali, dubbi e tendenza allo scoraggiamento. Combatté contro di esse, lo fece con forza. Frequentò studi coi Fratelli de la Salle nella sua località natale e poco a poco si consolidò la sua chiamata al sacerdozio, quella che era presente nei suoi giochi infantili quando provava come dire messa negli altari che costruiva. Ci furono fondamentalmente due persone che l’aiutarono e lo sostennero nel suo peregrinare. Una di esse fu il parroco padre Filhol che, come i salesiani, aveva notato che era propenso all’orazione, e della sua tendenza al silenzio, del suo fervore per l’Eucaristia e dell’amore per Maria e per la liturgia, tra gli altri segni di pietà che lo caratterizzarono.
Cosciente delle difficoltà che la sua scarsa memoria gli creava, nonostante lo sforzo che il beato mise per avanzare negli studi, il sacerdote gli prestò assistenza attraverso un vicario. Ma era insufficiente affinché le porte del seminario si aprissero al ragazzo. Per questo motivo gli parlò della Trappa; era sicuro che era idonea per qualcuno con le sue qualità. A 16 anni, accompagnato da lui, Pietro Giuseppe entrò nell’abbazia cistercense di Santa Maria del Deserto, di Toulouse. Il maestro dei novizi padre André Mallet quello stesso giorno percepì che si trovava davanti ad una persona speciale, pulita, sincera ed innocente che veramente cercava Dio. Tracciando il segno della croce sulla sua fronte, gli disse: “Abbi fiducia! Io ti aiuterò ad amare Gesù”.
Nel 1895 prese l’abito ed il nome di Giuseppe Maria. Nel 1900 emise i voti perpetui. Umile, gioioso nella sua nuova vita, si sforzava per compiere la regola con spirito di mansuetudine, ed encomiabile obbedienza. La formazione continuava a costituire per lui una dolorosa spina. Insieme ad essa formavano uno spesso mazzolino altri intimi dardi carichi di malevoli insidie per destabilizzare la sua vita spirituale. Timido e sentendosi incapace, vedeva la supremazia intellettuale dei suoi fratelli, constatava le loro virtù e si sentiva corroso dall’invidia e dalla gelosia. Quei complessi, che avevano fatto di lui una persona molto suscettibile, gli producevano a volte grandi sofferenze per questioni insignificanti sorte nella vita quotidiana e alle quali dava invece enorme rilevanza. Altri ostacoli insuperabili, come il suo debole udito e la sua acuta voce, che gli impedivano di intonare debitamente i cantici, accentuavano la sua bassa autostima.
Gli costava grande sforzo il sostenere un silenzio interiore: “Quando non ho un libro, se tengo gli occhi aperti mi distraggo, se li chiudo mi addormento”. Si sentiva turbato mentalmente in aspetti relativi alla castità e lottava dicendosi: “Sostituire i cattivi pensieri con l’amore di Gesù”, ripetendo più volte in mezzo alla sua lotta questa giaculatoria: “Tutto per Gesù, tutto per Maria”. Padre Mallet l’aiutò a combattere i suoi scrupoli, l’accompagnò e l’incoraggiò, insegnandogli a liberarsi, per amore di Cristo, da tanti legami che sgorgavano dal più intimo del suo essere. Con la sua fiducia, superando il pregiudizio del professore di teologia, ed al di sopra dei suoi problemi di salute, riuscì a concludere gli studi e fu ordinato sacerdote nel 1902. Ma non sarebbe oramai vissuto per molto tempo.
Fu sempre fragile, ed i suoi dolori di petto, dei quali niente disse spinto dalla sua umiltà, quello stesso anno rivelarono la loro origine: la tubercolosi. Era chiaro perché non aveva potuto inchinarsi completamente davanti al Santissimo, fatto per il quale fu corretto ripetutamente. Non si giustificò davanti al superiore; sapeva che scusarsi è improprio della vita santa. Se qualcuno si doveva preoccupare della sua salute, non lo fece per le ragioni che sia, per cui non poté essere curato convenientemente. Officiata la prima messa, fu mandato con la sua famiglia; pensavano ad un suo recupero. Ma i successivi due mesi che rimase in famiglia non servirono a niente. Ritornò coi suoi fratelli religiosi e si preparò per la sua entrata nel cielo. “Quando non potrò più celebrare la Santa Messa -confidò al padre Mallet-, il Cuore di Gesù potrà ritirarmi da questo mondo, perché non avrò più attaccamenti sulla terra”. Unì alla Passione redentrice di Cristo le intense sofferenze causate dalla sua malattia nell’ultima tappa della sua vita. Morì il 17 giugno 1903 mentre il padre Mallet officiava la messa pregando per lui.
Giovanni Paolo II lo beatificò il 3 ottobre 2004.
© Isabel Orellana Vilches, 2018
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