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Beato Francesc Castelló i Aleu, 29 settembre

By 28 Settembre, 2023Santo
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“Un ingegnere chimico brillante con un futuro promettente insieme alla sua fidanzata. Giovane innamorato di Cristo che consigliava di essere apostoli “si sandali di corda” fuggendo dalle comodità. Fu martire della fede nella guerra civile spagnola del 1936”.

Oggi si celebra la festività dei santi arcangeli Gabriele, Michele e Raffaele. Insieme ad altri santi e beati, anche la vita di Francesc, uno dei martiri della fede che caddero nel corso della tragica contesa spagnola del 1936. Come tutti quelli che soccombettero, aveva i suoi aneliti particolari, sogni che si videro troncati di punto in bianco. Era un giovane del suo tempo, esemplare, attraente, brillante ingegnere chimico, con un progetto di vita in comune ideato con la sua fidanzata Mariona, sostenuto da una vita spirituale solida. Guardava intorno a sé con gli occhi di Cristo e quello fu il lascito più pregiato che ha lasciato a tutti.

Nacque ad Alicante, Spagna, il 10 aprile 1914. Era il beniamino di tre fratelli; unico maschio. Dio aveva ascoltato le suppliche di Teresa, sua madre, che chiedeva un figlio “bello e santo”. Rimase orfano di padre poco dopo la nascita, e Teresa si stabilì coi suoi tre rampolli a Lerida. Otto anni più tardi, la sua attività lavorativa, come maestra di scuola, una volta superati i concorsi, condusse tutti in diverse località fino a che nell’autunno del 1923 si stabilirono a Juneda e lì Francesc fece la sua prima comunione nel 1924. Studiò coi maristi di Lerida in regime di collegio, e non perdeva occasione per fare tutto il bene possibile intorno a sé. Non era un giovane pusillanime, precisamente, ma il suo forte carattere veniva come neutralizzato dall’educazione e dalla formazione che riceveva. Era molto devoto dell’Eucaristia e della Vergine Maria. Quando Teresa morì nel 1929 per le conseguenze di una malattia che non fu curata convenientemente, i tre fratelli la presero per Madre, ad iniziativa di Francesc.

Accolti ed aiutati economicamente da una zia paterna, Francesc, che mostrava interessanti attitudini per la fisica e la chimica, poté iniziare la carriera universitaria. Per mediazione dipadre Calaf, un gesuita amico di sua zia, ottenne una borsa di studio che gli permise di frequentare studi di chimica nella località barcellonese di Sarrià. Un altro gesuita, padre Galant, l’aiutò a superare la profonda crisi umana e spirituale che soffrì in quell’epoca. Il carisma ignaziano con gli esercizi spirituali riappacificò la sua angoscia e lo fortificò. Da allora si impegnò con norme di vita che sostenne con fermezza fino alla fine dei suoi giorni; tra le altre azioni includevano l’accoglienza periodica dei sacramenti. Si affiliò alla Congregazione Mariana e dentro di essa realizzò un’attività apostolica esemplare. In lui si univano visione, orazione ed esperienza. Sapeva come si conquistano le vocazioni: “Le anime dobbiamo guadagnarle con sforzo e orazione”, e qual è “lo spazio” nel quale deve muoversi l’apostolo: “Nell’apostolato non vi tenti mai né la sedia comoda, né la cosa facile. Siate persone di sandali di corda”.     

Nel 1932 entrò nella “Federació de Joves Cristians de Catalunya”. Un anno prima era stata proclamata la Seconda Repubblica, e gli animi erano irritati. Nel frattempo, su suggerimento del padre Galant, si trasferì ad Oviedo per finire la sua carriera; si laureò in Chimica nel 1934. L’anno seguente fu chiamato a lavorare come ingegnere chimico nell’impresa CROSS di Lérida. E si dedicò ai poveri del quartiere del Canyeret; dava lezioni agli operai ed aiutava i suoi stessi colleghi. Innamorato di Mariona Pelegrí, una giovane pia di famiglia credente e impegnata, i giovani si promisero formalmente nel maggio del 1936. Ella faceva parte dell’Azione Cattolica e Francesc l’assecondò.

Reclutato nell’esercito il 1º Luglio di quell’anno come soldato di complemento, il 20 la sua fede cattolica lo portò nella prigione del castello di Lérida. Non arrivò a compiere due mesi di reclusione quando il 12 settembre lo trasferirono nella prigione provinciale. Il 29 non si spaventò davanti al tribunale popolare “ad casum” che, senza rigore alcuno, già determinato a compiere la sentenza di morte, decretata in anticipo, volle conoscere la filiazione religiosa del beato. “Sì, sono cattolico!”, confermò rispondendo con fermezza e chiarezza, umile contemporaneamente, accogliendo con semplicità il gesto rauco e provocatorio dei suoi interlocutori, senza giudicare tanto esecrabile condotta, portato al perdono. Mentre aspettava il compimento della sentenza imposta, nell’estemporanea prigione del municipio, incoraggiava i suoi compagni. Immediatamente scrisse alla sua fidanzata, alle sue sorelle e al padre Galant.

Frammenti delle lettere mettono in rilievo la sua altezza umana e spirituale. Alla sua fidanzata disse: “Mi succede una cosa strana: non posso sentire nessuna pena per la mia sorte. Un’allegria interiore, intensa, forte mi sequestra. Vorrei scriverti una lettera triste di addio, ma non posso. Sono circondato da idee allegre come un presentimento della gloria…”. Alle sue sorelle: “Mi hanno appena letto della pena di morte e non sono mai stato più tranquillo che ora […]. La Provvidenza di Dio ha voluto scegliermi come vittima degli errori e dei nostri peccati. Io vado con gioia e tranquillo alla morte. Non avrò mai come ora tante probabilità di salvezza. Ho già finito la mia missione in questa vita, offro a Dio le sofferenze di questa ora”. Al padre Galant: “Scrivo queste lettere essendo condannato a morte e mancando alcune ore per essere fucilato. Sono tranquillo e contento, molto contento. Spero di poter stare nella gloria tra pochi momenti. Rinuncio ai legami e ai piaceri che può darmi il mondo ed all’affetto dei miei. Do grazie a Dio perché mi dà una morte con molte probabilità di salvarmi”. Quando queste lettere arrivarono a Pio XI li lesse senza poter trattenere l’emozione; non fu capace di staccarsi da esse. Considerò che tali missive scritte da un figlio come Francesc ” toccava al padre conservarle”.

Il beato e i sei condannati diedero gioiosa testimonianza della loro fede, con speranza e valore, intonando il credo mentre andavano verso la loro sepoltura. L’alba del 29 settembre vigliacchi fucili finirono la sua vita sulla soglia del cimitero.

Giovanni Paolo II beatificò Francesc l’11 marzo 2001.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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