“Charli, il beato di Portorico: un apostolo nella università. Il suo innegabile carisma soggiogava giovani e universitari. Mirabile per la sua audacia e il suo impegno portato al limite”.
“Charli” avrebbe potuto avanzare buone ragioni per non impegnarsi, ma non lo fece. Scelse il Dio che libera, lasciando indietro quello che non procedeva da Lui, e l’impronta della sua generosità in una moltitudine di giovani.
Nacque a Caguas, Portorico, il 22 novembre 1918. La radice cristiana ereditata dai suoi genitori calò nel suo cuore ed in quello dei suoi fratelli. Due delle ragazze contrassero matrimonio, l’altro giovane si vincolò all’Ordine benedettino e fu il primo abate di Portorico, e la beniamina entrò nell’Ordine carmelitano fondato da Madre Vedruna. Poco durò la felice e semplice esistenza della famiglia Rodríguez, troncata da un incendio che strappò loro la dimora, il lavoro e tutto quanto avevano. Carlos aveva 6 anni quando soffrirono questo rovescio, e dovette andare a casa di sua nonna, una donna religiosa che gli trasmise la sua pietà.
Nel centro cattolico dove iniziò la sua formazione scolastica fece amicizia con le Sorelle di Notre-Dame che, insieme ai redentoristi, gli diedero una buona educazione integrale. Dopo avere ricevuto la prima comunione, ed essendo chierichetto, si sentì chiamato a consacrarsi. Terminò gli studi di primo grado e si iscrisse alla scuola superiore pubblica di Caguas. In piena adolescenza gli fu diagnosticata una colite ulcerosa che lo mantenne temporaneamente lontano delle aule. Non fu una malattia passeggera; si sarebbe aggravata col tempo. Quindi si iscrisse all’università di Portorico, UPR, di Rio Piedras, ma a causa della sua cattiva salute completò unicamente il primo anno. Fu impiegato a Caguas, Gurabo e nella Stazione Sperimentale Agricola, aderente all’UPR. I modesti guadagni che percepiva li destinava a diffondere articoli relazionati soprattutto con la liturgia.
Il suo paziente genitore che aveva visto sparire in un lampo tutto quello che tanto lavoro gli era costato, morì nel 1940. Carlos aveva 21 anni e continuava ad accusare i problemi derivati dalla sua fragile costituzione, benché questa realtà non costituisse un ostacolo per i suoi studi. Lasciò nei centri accademici la sua impronta di alunno eccellente, testimoniata dai suoi alti voti e dalla sua lodevole inquietudine per tutte le discipline. Era intelligente, possedeva una memoria eccezionale, gran senso dell’umorismo, e volontà di ferro per portare avanti quello che si proponeva. Aveva la sana curiosità degli intelligenti. Per questo era appassionato di lettura, arte, discipline come le scienze e la filosofia, e godeva della natura. Era dotato per la musica. Imparò praticamente da solo a suonare il piano e l’organo che eseguiva nella chiesa.
Promosse il Mistero Pasquale tra laici, sacerdoti e religiosi, insieme a padre McWilliams. Questa azione sostenuta nell’università fu guidata dall’unico affanno di far conoscere Cristo: un Circolo di Liturgia che si sarebbe chiamato Circolo di Cultura Cristiana; lo sosteneva col suo stipendio. Nacque con vocazione universale, appoggiato alla fede: “Abbiamo bisogno di cattolici svegli al momento attuale. […] Cattolici del presente che sappiano nutrirsi del passato, ma con gli occhi posti nel futuro”; questo era lo spirito che animava Carlos. Iniziò i “Giorni di Vita Cristiana” diretto agli universitari, tra i quali diffuse la liturgia. Inoltre, entrò in altre associazioni cattoliche come la Società del Santo Nome ed i Cavalieri di Colombo. Nel 1948, vicino al padre McGlone, creò il coro parrocchiale “Te Deum Laudamus”.
Era membro della Confraternita della Dottrina Cristiana. Gli servì come trampolino per nuove azioni apostoliche dirette a studenti di diverse popolazioni, che stimolava a vivere la fede in gruppi che permettevano loro di mettere in comune i temi essenziali. Molti giovani, colpiti dalla sua generosa donazione, si convertirono. Gli confidavano le loro difficoltà aprendo il loro cuore con piena fiducia. Questo frammento della sua risposta ad un giovane che resisteva alla chiamata di Cristo, evidenzia il suo zelo apostolico: “Dio, Cristo, cielo, inferno, peccato, morte, redenzione, salvezza, sacramenti, grazia, Resurrezione, vita eterna, visione beatifica, non sono mera tiritera vuota ed insensata; non sono sogni di poeti, né ipotesi di pseudo scienziati, né speculazioni di filosofi, né fughe per frustrati; sono la realtà più obiettiva sostenuta e rinforzata dalle prove più irrefutabili in tutte gli ordini – buonsenso, senso scientifico, filosofico, teologico – ma soprattutto, sono la rivelazione fatta da Colui che è la Verità stessa, e che sa perfettamente cosa dice e perché lo dice, Egli stesso ha assicurato: ‘Io sono la via, la verità e la vita…. io sono la luce del mondo, chi mi segue non cammina nelle tenebre…. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non spariranno […] ‘. Orbene, se questa è la verità, e questo è quello che chiede, esige e ha bisogno la nostra natura umana, perché questa codardia? Perché questa fuga che ci porta all’angoscia e alla frustrazione? Perché non decidersi una volta per tutte? Perché non rischiare tutto per guadagnare tutto?…”.
Ala fine del 1962 gli fu diagnosticato un cancro terminale del retto, e continuò agendo con l’audacia e lo slancio che lo caratterizzavano. Benché la fine della sua esistenza fosse segnata dalla “notte oscura”, si mantenne fermo nella speranza. Nel marzo 1963 subì una grave operazione, ma servì a poco. Morì il 13 Luglio 1963. Aveva 44 anni. Il miracolo per il riconoscimento delle sue virtù: la cura di un linfoma maligno non-Hodgkin nel 1981, approvato dal pontefice nel 1999.
Giovanni Paolo II lo beatificò il 29 aprile 2001.
© Isabel Orellana Vilches, 2018
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