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Santo

Beata Maria Rafols Bruna, 30 agosto

By 29 Agosto, 2024No Comments
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“Fondatrice delle Sorelle della Carità di Sant’Anna. Ebbe l’ardire di avanzare in zona di guerra in mezzo alle truppe napoleoniche e di ottenere per i suoi malati la grazia da un generale francese. Fu proclamata “Eroina degli Assedi di Saragozza”

Questa “eroina” della carità nacque a Vilafranca del Penedès (Girona, Spagna) il 5 novembre 1781. I suoi genitori erano semplice agricoltori, contadini che non avevano molte risorse. Ma morendo suo padre quando ella aveva 9 anni, sua madre contrasse nuove nozze. Con una situazione economica più stabile poterono finanziare i suoi studi nell’Insegnamento, una prestigiosa scuola di Barcellona; tennero in conto le sue eccellenti qualità perché era intelligente, lavoratrice e responsabile. Allora entrò come volontaria nell’ospedale della Santa Creu, diretto dalle Sorelle Ospedaliere di San Giovanni di Dio. Il suo cappellano, padre Juan Bonal Cortada e lei si conobbero a causa di un’epidemia di peste. Maria vide di prima mano come egli si prodigava per gli appestati, specialmente i poveri. Il virtuoso sacerdote cercava persone esperte nella cura dei malati per l’ospedale Nostra Signora della Grazia di Saragozza, e selezionò un gruppo composto da dodici uomini e dodici donne, tra i quali si trovava Maria. Aveva 23 anni, ma una maturità e qualità tali che fu designata responsabile di tutti e poi superiora della Congregazione delle Sorelle della Carità di Sant’Anna, nata nel menzionato ospedale saragozzano in quello stesso anno 1804 nel quale avvenne il suo trasferimento in città.

Arrivando a Saragozza, dopo un percorso effettuato in carro e pieno di scomodità, ella si mise in ginocchio davanti alla Vergine del Pilar chiedendo la sua protezione; questo dà un’idea dello spirito che la guidava. Presto constatò che i mezzi disponibili nell’ospedale della Grazia lasciavano molto a desiderare sotto tutti gli aspetti. Inoltre, i lavoratori del centro non accolsero di buon grado gli ultimi arrivati e dispensarono loro un trattamento ostile. Fin dall’inizio si rese conto di certe offese che dovevano risolversi. Lo scontento del personale per la loro cattiva retribuzione, come le carenze e la trascurata attenzione ai malati, richiedevano di agire con premura e delicatezza. Ma le pressioni fecero sì che, passato un certo tempo, gli uomini abbandonassero l’ospedale. Invece le donne, con Maria in testa, proseguirono il loro instancabile lavoro.

La beata passò sopra alle infondate obiezioni della Giunta dell’ospedale, la “Sitiada”, considerando che agiva secondo il suo giudizio, e poco più tardi riuscì ad ottenere una riconciliazione con la sua saggezza, prudenza e carità. Ma ebbe sempre come pendolo sulla sua testa l’opposizione della Giunta che la fece soffrire e provò la sua virtù. Le sue azioni non cadevano in un sacco rotto ed il vescovo di Huesca le propose di creare nella città un centro ospedaliero simile a quello saragozzano. Per il resto, fu una pioniera per l’epoca; aprì brecce per la donna, in precedenza insospettate, specializzandosi in flebotomia, pratica chirurgica del salasso, di uso abituale nella medicina di allora, che convalidò con l’esame opportuno.

Pochi anni dopo essere arrivata a Saragozza scoppiò la guerra, e quando le truppe napoleoniche assediarono Saragozza nel 1808, l’ospedale rimase distrutto dalle bombe. In quegli istanti ella fu un’eroica rappresentante che espose la sua vita soccorrendo i feriti, malati e pazzi che cercava per le strade, senza escludere i membri dell’esercito nemico. In mezzo al fragore della battaglia uscì a mendicare chiedendo denaro e cibo per le migliaia di accolti che aveva nell’ospedale. Davanti alla precarietà, frequentemente si privava del suo stesso sostentamento. In un intervallo di quattro mesi dovette trasferire i malati in tre occasioni, fino a che si installò l’ospedale di convalescenti.

Nel corso dell’accanita lotta senza quartiere diede nuove prove di una fede mirabile chiedendo aiuto per i malati, benché per fare ciò dovette attraversare le file nemiche accompagnata da un paio di religiose. Le donne avanzarono sul campo di combattimento in mezzo alle persecuzioni dei soldati che proferivano insulti contro di loro, ma riuscirono a far sì che il generale francese Lannes le ascoltasse, le proteggesse, ed aprisse le porte senza ostacoli. Maria lo aveva lasciato “disarmato” col suo comportamento delicato e rispettoso, ed il militare si commosse per quel gesto inaudito. Non solo ottenne le risorse essenziali per l’attenzione dei malati, ma contribuì a far sì che si salvassero molte vite, si concedessero indulti ed altre grazie. Questa immagine, di grande forza plastica, continua ancor oggi ad essere impattante perché bisogna tenere conto del momento storico, della situazione e del luogo nel quale avvenne tale atto di prodezza.

Finendo la guerra, la nuova Giunta, che reggeva l’ospedale, non tenne conto di questi precedenti eroici, al contrario oppresse le religiose. Allontanarono padre Bonal, ed il prelato Suárez de Santander, simpatizzante dei francesi, mise Maria nelle condizioni di dimettersi trasferendosi ad Orcajo, Daroca. La “Sitiada” chiese la presenza delle sorelle a Saragozza nel 1813 affinché si facessero carico della casa di beneficenza. Infine, nel 1824, quando furono approvate le costituzioni dalla diocesi, una volta risolti gli equivoci che portarono alla sua ricusazione, la beata fu reintegrata come superiora. Per undici anni si occupò degli orfani e degli abbandonati che si trovavano nell’Inclusa che dipendeva dall’ospedale. Ma nel 1834 fu imputata per alto tradimento. Credendo che cospirasse contro la regina, implicata coi carlisti, fu reclusa per due mesi in una prigione dove confinavano persone accusate dall’Inquisizione. Dopo di che, nonostante si fosse verificato che era un malevolo errore, fu mandata in esilio.

Già malata chiese di essere trasportata alla casa di Huesca e lì visse ancora sei anni di donazione, in silenzio -nessuno la sentì proferire alcun lamento-, e fiducia in Dio. Col cambiamento di governo ritornò all’ospedale della Grazia e si occupò dei bambini dell’Inclusa.  Morì il 30 agosto 1853. Nel 1908 sia lei, che il padre Bonal, con la causa di beatificazione aperta, furono proclamati “Eroi degli Assedi di Saragozza”.

Giovanni Paolo II la beatificò il 16 ottobre 1994.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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