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L’orazione è concisa, come un bacio o una carezza.

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Nell’ultimo Motus Christi del 2020 ci siamo lasciati con una promessa, approfondire il significato dell’orazione, della preghiera attraverso il Codice Orazionale. Dodici punti, dodici proprietà della preghiera che ci aiuteranno, non soltanto ad intendere il nostro stato di orazione, ma ci faranno da guida verso il Padre, perché ognuna di queste proprietà è definita dalle parole di Cristo nel Vangelo. 

1. Che la vostra preghiera sia concisa: “Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole.” (Mt 6,7)

Spesso davanti alle difficoltà sembra quasi che vogliamo “sfogarci” con Dio, raccontargli tutto e basta un attimo per sentire la sua consolazione, la sua comprensione, sentirci ascoltati. Basta un attimo per renderci conto della sua Provvidenza, del fatto che nelle sue mani tutto è racchiuso; l’orazione è grazia sparsa a larghe mani.

“La tua conversazione con Dio non è che parli / ma sogni” diceva Fernando Rielo. 

I santi hanno risposto la loro attenzione, più che su formule o preghiere, sull’atteggiamento interiore dell’orante; così, per esempio, San Cipriano diceva: “Dio ascolta non la voce, bensì il cuore”. Così anche San Giovanni Crisostomo afferma: “la nostra orazione non dipende dalla quantità di parole, bensì dal fervore delle nostre anime”. Non per il fatto di parlare si può stabilire una comunicazione, bensì per l’atteggiamento interiore del nostro spirito di cui le parole sono la manifestazione. Non è nell’enfasi o nella quantità di parole o riflessioni, per molto profonde che siano, dove sta la vera orazione. L’orazione  è grazia che, quando la parola tace, si riveste di silenzio sonoro. 

Lo stato di orazione richiede un “saper stare” davanti al Padre onorandolo con tutto il nostro rispetto ed ascoltandolo in tutto quello che ci voglia dire, anche se non è la nostra volontà. Era la forma di pregare nell’Antico Testamento: “Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta” (1Sam 3,10). Fernando Rielo ci descrive questo atteggiamento con la frase: “Se sei tu che parli, come può Dio risponderti?”. Se siamo noi quelli che parliamo e non ascoltiamo – non stiamo in silenzio -, non sappiamo quello che il Padre, Cristo o lo Spirito Santo vogliono dirci. 

Più che parlare, bisogna ascoltare e rispondere alle domande che ci fanno. È buona educazione. Non ascoltiamo Dio nel nostro cuore perché non sappiamo stare in silenzio. Ascoltiamo di più noi stessi: le nostre preoccupazioni, le nostre paure, le nostre angosce, i nostri stati di ansietà. Tutto questo fa parte dell’orazione, ma dobbiamo imparare ad ascoltare. L’orazione che è amore, ci aiuta a non temere, a sentirci aggrappati alla mano del nostro fratello Cristo e di nostra madre María, e poter superare questo mondo di violenza, di menzogna ed angoscia senza uscirne feriti. Questo fa parte dell’orazione di silenzio, di ascolto. Sapere ascoltare ci tranquillizza. 

Non c’è fretta. Lo Spirito Santo ci libererà dai problemi al momento opportuno. Egli ci ha difeso fino ad ora, come autentico Amico. Afferriamoci alla mano di Cristo in qualunque momento della nostra vita, e non annegheremo se abbiamo fede, come è successo all’apostolo Pietro. Lo Spirito Santo promuove la pace nel nostro cuore. Lasciamoci riempire dallo Spirito Santo. Questa è orazione.